A Padova è stato realizzato il primo trapianto di cuore al mondo eseguito totalmente a cuore battente, sia durante il prelievo dal donatore che nel momento dell’impianto nel ricevente. Questo intervento eccezionale è stato condotto dall’equipe della UOC Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Padova, sotto la guida del professor Gino Gerosa. L’operazione, avvenuta due settimane fa, ha riguardato un uomo di 65 anni affetto da cardiopatia post ischemica. Attualmente il paziente sta bene e, secondo l’Azienda ospedaliera, potrà tornare a casa prima di Natale.
«Tecnicamente si chiama trapianto da donatore a cuore totalmente fermo a cuore battente — spiega il professor Gerosa — perché appunto il cuore donato non smette mai di battere. Una volta prelevato dal donatore è stato conservato in un macchinario che ne ha mantenuto la normotemperatura a 37 gradi e lo ha perfuso, allungandone la sopravvivenza dalle consuete quattro ore fino a otto».
La procedura tradizionale, invece, prevede che il cuore venga fermato al momento del prelievo dal donatore e riavviato dopo l’impianto nel ricevente. «Questa nuova frontiera è un passo in più rispetto al primo trapianto in Italia da noi eseguito l’11 maggio 2023 con donatore a cuore fermo controllato. In quel caso — aggiunge Gerosa — il cuore del donatore si era fermato alla morte dello stesso, lo abbiamo fatto ripartire per vedere se fosse idoneo al trapianto e una volta appurato ciò, è stato rifermato per l’impianto nel ricevente. E poi fatto ripartire. Essendo andato così bene da essere poi ripetuto 40 volte nel Paese, abbiamo deciso di alzare l’asticella e adesso per noi l’ulteriore passo avanti potrebbe diventare la tecnica standard».
La nuova tecnica, che mantiene il cuore battente durante tutte le fasi del trapianto, elimina il rischio di danni da ischemia, favorendo una migliore ripresa della funzione cardiaca e un recupero più rapido del paziente. Il beneficiario, un uomo veneto colpito da cardiomiopatia dilatativa post ischemica e già sottoposto a sostituzione valvolare, ha ricevuto il cuore da un donatore in morte cerebrale situato in un centro fuori regione. Il trasferimento dell’organo è durato tre ore, mentre l’intervento chirurgico si è concluso in una sola ora.
«Abbiamo aperto una nuova strada — conclude Gerosa — sembra più difficile impiantare un cuore che ti batte tra le mani, in realtà il chirurgo è più tranquillo, perché sa che essendo stato perfuso non subirà danni. Ed è anche più sicuro per il paziente, che in attesa del trapianto deve stare meno in circolazione extracorporea».
La Redazione
Source: DOTTNET