Durante il XXV Congresso Nazionale che ha avuto luogo a Roma nei giorni scorsi, l’AIOM (Associazione Italiana di oncologia medica) ha posto sul tavolo del confronto con le istituzioni statali e regionali un tema che ha un impatto molto importante sull’accesso dei farmaci.
La richiesta dell’associazione, infatti, è quella di procedere con l’abolizione dei Prontuari terapeutici regionali, laddove essi siano presenti. Tale richiesta è giustificata dalle tempistiche con le quali i farmaci oncologici innovativi vengono resi disponibili ai pazienti in Italia. Tempi di accesso che negli ultimi anni sono certamente migliorati, ma che ancora oggi sono troppo lunghi.
Infatti, i Prontuari terapeutici (ospedalieri) regionali, cioè l’elenco di farmaci prescrivibili all’interno dei presidi ospedalieri del territorio regionale sono ancora presenti in dieci Regioni. Inoltre, laddove presenti, i PTOR hanno carattere vincolante e ciò è fonte di forti disparità territoriali nella disponibilità delle terapie.
Tutto ciò fa sì che i pazienti oncologici italiani devono attendere una media di 419 giorni (14 mesi) per avere accesso ai nuovi farmaci che questi hanno ottenuto l’approvazione dell’Agenzia europea dei medicinali. Solo per offrire un benchmark di confronto, tali tempistiche sono pari a 102 giorni in Germania e 145 in Danimarca. Per quanto riguarda, invece, la disponibilità sul mercato di cure innovative anticancro, l’Italia si posiziona al terzo posto in Europa con 38 molecole rese disponibili in tra anni (2018-2021) su 46 autorizzate dalla Commissione europea, dietro a Germania (45) e Svizzera (41), e davanti a Francia (33), Grecia (32), Svezia (30), Olanda (29) e Spagna (26).
Si tratta di tempi di latenza, quelli italiani, che hanno registrato una riduzione rispetto alla media di 24 mesi di un decennio fa, ma sempre troppo lunghi, per il tipo di paziente e patologia che vanno a trattare. Attualmente in Italia, ogni giorno, 1.070 persone si ammalano di cancro, e nel 2022 i nuovi casi sono stati 390.700. La sopravvivenza a cinque anni è pari al 65% nelle donne e al 59% negli uomini, e raggiunge il 90% in neoplasie molto frequenti come quelle di seno e prostata. Risultati certamente buoni rispetto al passato ma che possono ancora migliorare.
Ad oggi, invece, si ricorre all’early access, l’accesso anticipato alle terapie, per superare queste criticità. I percorsi principali che permettono l’accesso alle terapie, senza che il loro costo ricada sull’ospedale che ne fa richiesta, sono costituiti dal Fondo Aifa del 5%, dalla legge 648/1996 e dall’uso compassionevole/nominale, con fornitura gratuita da parte dell’azienda farmaceutica. Si tratta di strumenti che ne consentono la totale rimborsabilità da parte del SSN.
Tuttavia , una quota consistente degli oncologi che ha avuto esperienza diretta con l’early access ha dovuto far fronte a complesse procedure burocratiche che hanno causato un allungamento dei tempi di accesso. L’accelerazione dei tempi di approvazione anche per l’early access sarà un’altro dei temi che dovrà essere affrontato dalla nuova AIFA una volta che la sua riforma sarà finalmente portata a conclusione.
Dino Biselli
Source: Aboutpharma